martedì 29 ottobre 2013

CONSIGLIO: MORBO ITALICO. NOTE DI UN MARASMA, di Franco Cordero, Laterza 2013.



Cinque secoli dopo i morbi ispanico e gallico, un’epidemia italiana corrompe pensiero, sentimento, gusto.
Recenti sventure rinfocolano antichi mali italiani. Sudditi congeniti cercano padrone e lo servono con una gran paura d’essere liberi: pensano poco o niente; moralmente sordi, rifuggono dalla serietà tragica, né sopportano l’arte, intenti a tristi farse; l’anarcoide ipocrisia conformistica maschera un socievole cannibalismo. L’esito è miseria cronica.
Dopo tante partite in cui Re Lanterna la frodava, Dike ne chiude una come le norme comandano, ma dove va l’Italia in preda alle «larghe intese»?
Passa in giudicato la condanna inflitta a Silvius Fraudulentus Magnus e Pd ubbidienti vestono a lutto. Letta nipote lo voleva immune. Sappiamo cosa pensi delle sorti d’Italia: il nemico sta nelle Cinque Stelle; lavorano al collasso del sistema ma abbiamo un potente alleato nell’Olonese, defensor fidei, statista, senatore pleno iure, in barba a leggi e res iudicatae. Prende corpo a vista d’occhio la metamorfosi berlusconoide: Roberto Speranza, giovane capogruppo Montecitorio, paladino garantista, medita giri della vite in tema d’intercettazioni; Stefano Fassina, viceministro dell’economia, cuore largo quanto le intese, compiange gli evasori fiscali, mischiando tornaconto, diritto, etica. I Pdl non cambiano pelo né vizio: vogliono impunito l’apporto elettorale mafioso; e nel loro disegno il finanziamento illecito dei partiti diventa bagatella. Due sponde concordi assolvono Ottaviano Del Turco, archetipo della classe politica, condannato a nove anni da belve in toga. Quirinale e Palazzo Chigi blindano il regime nascente. L’anno scorso Neapolitanus Rex era inviolabile nei colloqui riservati: adesso nemmeno i parlamentari possono nominarlo, salvo che cantino laudi; sotto Giacomo II Stuart non esistevano censure così ferree. Quali siano i suoi poteri e come li eserciti, è questione politica, liberamente discutibile. Ha una falsa idea del parlamento chi pretende banchi muti o plaudenti. Giochi notturni l’hanno riportato sul Colle dopo sette anni, pesanti nella bilancia politica; e nessuno s’aspetta un autocritico passo abdicativo: rimane lassù fino all’anno 2020, in età da patriarca, ma prima d’allora sarà bancarotta, se non interviene qualche santo. A spese nostre la cova l’arcipirata, effettivo premier occulto. Monsignore nipote gli regge la coda, col barbuto ex segretario dalla battuta tranchante. L’ultimo capolavoro è cambiare le regole delle primarie contro Matteo Renzi, condotto dal quale il Pd può persino vincere: Dio non voglia; dove finirebbe una rigogliosa nomenclatura i cui virgulti valgono le vecchie piante. Li abbiamo visti. L’odg suona imperioso: salvare le «larghe intese», a qualunque costo; siamo consorti, parti inscindibili d’un «sistema». Poveri noi se fallisse, spiegava un autorevole editoriale (Ferruccio De Bortoli, «Corriere della Sera», 24 luglio). Interpretiamolo: martedì 30 viene in discussione il ricorso nella causa Mediaset; supponendolo respinto, può cadere il governo; e saremmo preda dei mercati, inferociti dal solleone. Default, parola spaventosa. Il lettore manda al diavolo le rogne penali; chi abbia qualche ricordo scolastico parla latino: «fiat iustitia ut pereat mundus»? No, vivaddio, «servamus Berlusconem».
Il punto debole sta nella premessa: in lingua aristotelica, supporre vero «ce qui est en question» (Arnauld e Nicole, Logique de Port-Royal, Parte III, cap. XIX, § 2); niente prova che sia così: anzi, forti argomenti indicano l’opposto. I mercati non bevono fandonie: è lavoro da cervelli freddi; attenti ai fatti, vedono una figura grottesca d’imbroglione; solo in ambienti primitivi poteva spacciarsi taumaturgo e statista. Nel novembre 2011 distavamo due dita dalla rovina, fosse rimasto a Palazzo Chigi; nell’ossessivo refrain imitava Hitler: «non capitolerò mai». Ripresentandolo confermiamo precedenti malfamati. In tre mesi la torpida équipe governativa non ha mosso dito nell’unico senso utile: colpire il vampiro a quattro teste che succhia 60 o più miliardi l’anno, ossia Corruzione, Frode, Mafia, Parassitismo (CFMP); né poteva colpirlo se include i patroni del mercato nero; in buona parte l’economia è malaffare. I politicanti s’ingrassano e l’Italia affonda, come le società svuotate da avidi bancarottieri (fa notizia una famiglia rapace, ora sotto custodia). L’affare Alma Shalabayeva segna livelli infimi nelle figure abiette d’uno Stato. In compenso dei commissari studiano riforme costituzionali quando nessun intenditore serio ne sente il bisogno, tanto meno in congiunture tra miseria e politica scellerata. Saranno eseguite a man salva, fuori del quadro in cui gli artt. 72 e 138 Cost. ammettono una revisione (concetto elementare ma non entra nelle teste governative); ed è inutile dire in quale senso pendano: era lamento berlusconiano avere poco potere. Le Cinque Stelle ritardano lo scempio, ostruzionismo virtuoso, ma continuando le cose come vanno, la campana suona a morto. Incombe una signoria incrudelita. Se vogliamo che qualcosa cambi in meglio, organicamente, questo governo deve andarsene: impossibile, finché dal Quirinale vegli G.N.; la difficoltà pare quindi insolubile (il nome greco è “aporia”).
In cerca d’un titolo sotto cui raccogliere dei referti, esitavo tra «Morbo italico» e «Cronache della vecchiaia d’Italia». Me la ricorda Massimo Fini definendo «marasma» gli attuali avvenimenti («Il Fatto Quotidiano», 27 luglio). Ha forme senili questa patologia: il paziente appare deperito, confuso, inerte, catalettico, o prende pose e compie movimenti incongrui; lune oblique distorcono gli eventi; l’imbonitore grida falsi almanacchi. Re Lanterna frolla materia grigia, a modo suo psicochirurgo senza versare sangue, attraverso piccoli schermi. Come nelle fiere dipinte da Hieronymus Bosch, s’affollano in concorso furioso tagliaborse, pifferai, spergiuri, sicari, baciapile pronti ai versi della scimmia. Figurano meglio le mercenarie e il soldo se lo guadagnano duramente. Abbiamo poi scelto «morbo italico». Cinque secoli dopo la lue ispanica e gallica (vedi Girolamo Fracastoro), un’epidemia italiana disgrega pensiero, sentimenti, gusto.


Franco Cordero, professore emerito di Procedura penale presso l’Università La Sapienza di Roma, è tra i più insigni giuristi italiani e autore di fondamentali testi giuridici, di pamphlet, saggi e romanzi.



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