Cinque secoli dopo i morbi ispanico e gallico, un’epidemia italiana
corrompe pensiero, sentimento, gusto.
Recenti sventure rinfocolano antichi mali italiani. Sudditi congeniti cercano padrone e lo servono con una gran paura d’essere liberi: pensano poco o niente; moralmente sordi, rifuggono dalla serietà tragica, né sopportano l’arte, intenti a tristi farse; l’anarcoide ipocrisia conformistica maschera un socievole cannibalismo. L’esito è miseria cronica.
Recenti sventure rinfocolano antichi mali italiani. Sudditi congeniti cercano padrone e lo servono con una gran paura d’essere liberi: pensano poco o niente; moralmente sordi, rifuggono dalla serietà tragica, né sopportano l’arte, intenti a tristi farse; l’anarcoide ipocrisia conformistica maschera un socievole cannibalismo. L’esito è miseria cronica.
Dopo tante partite in cui Re
Lanterna la frodava, Dike ne chiude una come le norme comandano, ma dove va
l’Italia in preda alle «larghe intese»?
Passa in giudicato la condanna inflitta a Silvius Fraudulentus Magnus
e Pd ubbidienti vestono a lutto. Letta nipote lo voleva immune. Sappiamo cosa
pensi delle sorti d’Italia: il nemico sta nelle Cinque Stelle; lavorano al
collasso del sistema ma abbiamo un potente alleato nell’Olonese, defensor
fidei, statista, senatore pleno iure, in barba a leggi e res
iudicatae. Prende corpo a vista d’occhio la metamorfosi berlusconoide: Roberto
Speranza, giovane capogruppo Montecitorio, paladino garantista, medita giri
della vite in tema d’intercettazioni; Stefano Fassina, viceministro
dell’economia, cuore largo quanto le intese, compiange gli evasori fiscali,
mischiando tornaconto, diritto, etica. I Pdl non cambiano pelo né vizio:
vogliono impunito l’apporto elettorale mafioso; e nel loro disegno il
finanziamento illecito dei partiti diventa bagatella. Due sponde concordi
assolvono Ottaviano Del Turco, archetipo della classe politica, condannato a
nove anni da belve in toga. Quirinale e Palazzo Chigi blindano il regime
nascente. L’anno scorso Neapolitanus Rex era inviolabile nei colloqui
riservati: adesso nemmeno i parlamentari possono nominarlo, salvo che cantino
laudi; sotto Giacomo II Stuart non esistevano censure così ferree. Quali siano
i suoi poteri e come li eserciti, è questione politica, liberamente
discutibile. Ha una falsa idea del parlamento chi pretende banchi muti o
plaudenti. Giochi notturni l’hanno riportato sul Colle dopo sette anni, pesanti
nella bilancia politica; e nessuno s’aspetta un autocritico passo abdicativo:
rimane lassù fino all’anno 2020,
in età da patriarca, ma prima d’allora sarà bancarotta,
se non interviene qualche santo. A spese nostre la cova l’arcipirata, effettivo
premier occulto. Monsignore nipote gli regge la coda, col barbuto ex segretario
dalla battuta tranchante. L’ultimo capolavoro è cambiare le regole delle
primarie contro Matteo Renzi, condotto dal quale il Pd può persino vincere: Dio
non voglia; dove finirebbe una rigogliosa nomenclatura i cui virgulti valgono
le vecchie piante. Li abbiamo visti. L’odg suona imperioso: salvare le «larghe
intese», a qualunque costo; siamo consorti, parti inscindibili d’un «sistema».
Poveri noi se fallisse, spiegava un autorevole editoriale (Ferruccio De
Bortoli, «Corriere della Sera», 24 luglio). Interpretiamolo: martedì 30 viene
in discussione il ricorso nella causa Mediaset; supponendolo respinto, può
cadere il governo; e saremmo preda dei mercati, inferociti dal solleone.
Default, parola spaventosa. Il lettore manda al diavolo le rogne penali; chi
abbia qualche ricordo scolastico parla latino: «fiat iustitia ut pereat
mundus»? No, vivaddio, «servamus Berlusconem».
Il punto debole sta nella premessa: in lingua aristotelica, supporre
vero «ce qui est en question» (Arnauld e Nicole, Logique de Port-Royal, Parte III, cap. XIX, § 2); niente prova che
sia così: anzi, forti argomenti indicano l’opposto. I mercati non bevono
fandonie: è lavoro da cervelli freddi; attenti ai fatti, vedono una figura
grottesca d’imbroglione; solo in ambienti primitivi poteva spacciarsi
taumaturgo e statista. Nel novembre 2011 distavamo due dita dalla rovina, fosse
rimasto a Palazzo Chigi; nell’ossessivo refrain imitava Hitler: «non capitolerò
mai». Ripresentandolo confermiamo precedenti malfamati. In tre mesi la torpida
équipe governativa non ha mosso dito nell’unico senso utile: colpire il vampiro
a quattro teste che succhia 60 o più miliardi l’anno, ossia Corruzione, Frode,
Mafia, Parassitismo (CFMP); né poteva colpirlo se include i patroni del mercato
nero; in buona parte l’economia è malaffare. I politicanti s’ingrassano e
l’Italia affonda, come le società svuotate da avidi bancarottieri (fa notizia
una famiglia rapace, ora sotto custodia). L’affare Alma Shalabayeva segna
livelli infimi nelle figure abiette d’uno Stato. In compenso dei commissari
studiano riforme costituzionali quando nessun intenditore serio ne sente il
bisogno, tanto meno in congiunture tra miseria e politica scellerata. Saranno
eseguite a man salva, fuori del quadro in cui gli artt. 72 e 138 Cost.
ammettono una revisione (concetto elementare ma non entra nelle teste
governative); ed è inutile dire in quale senso pendano: era lamento
berlusconiano avere poco potere. Le Cinque Stelle ritardano lo scempio,
ostruzionismo virtuoso, ma continuando le cose come vanno, la campana suona a
morto. Incombe una signoria incrudelita. Se vogliamo che qualcosa cambi in
meglio, organicamente, questo governo deve andarsene: impossibile, finché dal
Quirinale vegli G.N.; la difficoltà pare quindi insolubile (il nome greco è
“aporia”).
In cerca d’un titolo sotto cui raccogliere dei referti, esitavo tra
«Morbo italico» e «Cronache della vecchiaia d’Italia». Me la ricorda Massimo
Fini definendo «marasma» gli attuali avvenimenti («Il Fatto Quotidiano», 27
luglio). Ha forme senili questa patologia: il paziente appare deperito,
confuso, inerte, catalettico, o prende pose e compie movimenti incongrui; lune
oblique distorcono gli eventi; l’imbonitore grida falsi almanacchi. Re Lanterna
frolla materia grigia, a modo suo psicochirurgo senza versare sangue,
attraverso piccoli schermi. Come nelle fiere dipinte da Hieronymus Bosch, s’affollano
in concorso furioso tagliaborse, pifferai, spergiuri, sicari, baciapile pronti
ai versi della scimmia. Figurano meglio le mercenarie e il soldo se lo
guadagnano duramente. Abbiamo poi scelto «morbo italico». Cinque secoli dopo la
lue ispanica e gallica (vedi Girolamo Fracastoro), un’epidemia italiana
disgrega pensiero, sentimenti, gusto.
Franco Cordero, professore
emerito di Procedura penale presso l’Università La Sapienza di Roma, è tra i
più insigni giuristi italiani e autore di fondamentali testi giuridici, di
pamphlet, saggi e romanzi.
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