La globalizzazione fa sentire i
suoi effetti anche nell'esperienza giuridica del più piccolo Stato del mondo:
la Città del Vaticano. Lo dimostra il recente, consistente impegno del
legislatore vaticano destinato a riformare, in vari casi profondamente, il sistema
penale e processuale penale dello Stato. Infatti gli incisivi mutamenti che la
società ha conosciuto negli ultimi decenni e l'affermarsi di nuove forme
criminali hanno via via messo in luce l'esigenza di un intervento sostanzioso
per mettere anche il Vaticano in linea con gli standard degli altri paesi e
nella condizione di affrontare meglio - e, per certi aspetti, in maniera
davvero esemplare - tali inediti fenomeni criminosi. Difficile dire in quale
misura la giurisprudenza penale vaticana abbia non solo anticipato ma anche, in
qualche modo, sollecitato e orientato l'attivarsi del legislatore. Certamente
ciò è avvenuto, come bene può ricavarsi dall'indagine di Geraldina Boni, oltre
che dalla lettura dei provvedimenti - sentenze, sentenze istruttorie,
requisitorie - pubblicati nelle Appendici al volume e in molti casi inediti.
Altrettanto indubbiamente da tale giurisprudenza emerge con evidenza il ruolo
che il diritto canonico, base dell'ordinamento vaticano, svolge nell'animare di
valori e principi giuridici i precetti contenuti nelle norme penali di questo
minuscolo Stato: anche in quei codici penale e di procedura penale vigenti in
Italia nel 1929 e recepiti all'atto della fondazione del medesimo.
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