Qualche giorno fa sono
rimasta colpita dalle storie di Tommaso Prima, persona di 46 anni di Trepuzzi,
di oltre 200 chilogrammi, vittima di un incidente domestico e di Giuseppe Marazia anche lui di un peso
superiore ai 200 chili, che non riesce a fare una Tac nonostante il persistente
dolore all’altezza del diaframma che si porta avanti da parecchio tempo. Le vicende in questione hanno portato
all’opinione pubblica alcune lacune evidenti sul piano delle infrastrutture a
livello sanitario per certe porzioni di cittadini che vivono in particolari
condizioni psico/fisiche di disagio come appunto quelle di Prima e Marazia. Encomiabile
il sostegno e l’intervento dell’Associazione Salute Salento nello spendersi
attivamente e fattivamente per i due salentini.
Ma di certo non basta, e non perché non si riconosca il valore umano del
volontariato sceso in campo, ma perché il dialogo tra politica, istituzioni,
volontariato, Tribunali del Malato e personale medico, sanitario e
amministrativo nelle strutture sanitarie non è ben calibrato, coordinato,
sostenuto. Il mio non vuole essere un intervento populista, o frutto delle
contingenze elettorali. Chi mi conosce sa che la mia attenzione e la mia
disponibilità verso chi ha bisogno, verso chi è in un momento della vita
delicato è totale come donna, e come professionista. L’ho sempre fatto, lo
faccio, e continuerò a farlo spendendomi senza riserve. E non c’è bisogno che metta sul tavolo della
discussione il fatto che la Puglia sia stata considerata di “serie B” dal Ministero della Salute in
fatto di prestazioni sanitarie. E’ sotto
gli occhi di tutti quanto addirittura si tema mettere piede in un ospedale,
tanta la sfiducia nei suo operatori e professionisti. Potremmo semplicisticamente attribuire il
tutto ad un dissesto economico, che incide sulla qualità dei servizi offerti.
Mi chiedo: è davvero solo questo? Mi
chiedo se forse non si tratta di un basso livello di sorveglianza sula gestione
delle risorse, sulla distribuzione delle energie, sul monitoraggio di
efficienza delle diverse strutture sanitarie presenti in regione. Una Regione
che in fatto di sanità spende moltissimo, ma rende pochissimo. E ancora potremmo dire che si tratti
solamente di barriere sanitarie che compromettono il diritto alla salute? Ritengo che la questione sia da proiettarsi
su una più pressante attenzione da parte delle istituzioni in materia giuridica
e normativa, in merito alla condizione
del malato e alla tutela che questi deve vedersi garantita dalle strutture sanitarie al massimo della
loro efficienza. (Francesca Grazia Conte)
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